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MALESCO- 14-07-2024-- La salita al Monte Torriggia, al confine fra Vigezzo e Cannobina, è sempre un’escursione piacevolissima, in ambiente stupendo, non particolarmente faticosa, se non nel breve tratto finale. Anche il panorama è unico, almeno così ricordiamo, tranne in caso di nuvole basse e nebbia come oggi.

GITA N. 154 O 24

MONTE TORRIGGIA

MAGGIO 2024

Dislivello: 850 m. Tempo totale: 4 h 15’. Sviluppo: 11.3 km.

Torniamo al Monte Torriggia dopo poco più di un anno, ma seguendo in salita un percorso in parte diverso, in compagnia diversa, in condizioni meteo molto diverse e con un po’ di dislivello in più per piccole varianti. Nel maggio 2023 incontrammo da queste parti un’escursionista solitaria che da allora fa parte del gruppo a pieno titolo e ne è la seconda badante diplomata: vogliamo festeggiare questo bellissimo anniversario.

Anche oggi parità numerica, perché si aggiunge allo staff  badanti al completo una loro giovanissima allieva, esperta conoscitrice del territorio. In cinque accudiscono, senza il supporto dei medici competenti, cinque anziani o quasi. In orario tranquillo ci troviamo prima a Masera e poi a Malesco per il caffè. Posteggiamo nel comodo parcheggio di Finero, 896. Scendiamo lungo la strada per Cannobio fino alla prima curva e, sulla sinistra, imbocchiamo il sentiero S18 che fa parte dell’Alta Via del Gridone e si snoda sul versante meridionale della Costa della Colmine, che separa Valle Vigezzo e Valle Cannobina.

Per ora non piove. Il passo oggi è veramente tranquillo, adatto alla giornata poco stimolante e alla giusta attesa di un convalescente in lenta ripresa. Le pendenze morbide ed un tratto finale pianeggiante, quando entriamo nel bosco di faggi, fanno sì che si arrivi all’Alpe Pluni, 1454, in poco meno di due ore e con scarsissima fatica. Siamo passati anche oggi, prima di arrivare qui, di fianco al faggio e al larice con le radici in comune, due fratelli gemelli abbracciati, meraviglie della natura.

Persino loro “ce la fanno”. Solo l’homo sapiens continua a “non farcela”. Con calma ripartiamo verso la meta, senza grande entusiasmo. Il sentiero S14, diretto a sud, inizia in piano costeggiando per un breve tratto la gippabile che sale dal fondovalle. Sale poi dolcemente nel bosco di faggi, dal quale si passa ad un bosco basso dove trionfa il Pino Mugo. Troviamo una fontana. Proseguendo diritti sul sentiero S14 si salirebbe lungo la via cosiddetta “normale”, percorsa lo scorso anno e che seguiremo al ritorno. Noi teniamo la sinistra ed arriviamo ad un ripiano su cui si trova una baita diroccata: siamo all’Alpetta. Il sentiero non segnalato ma evidente prosegue in leggera salita verso nord est, poi vira decisamente a sud, diventa molto ripido e ci porta alla croce di vetta, 1703 (quasi tre quarti d’ora da Pluni). L’assenza, per ora, di depositi ovini e caprini incoraggia alcuni temerari alla raccolta di spinaci selvatici, mentre riprende a piovere.

Il libro di vetta è inzuppato d’acqua e inutilizzabile. Su terreno ancora impervio e bagnato iniziamo la discesa sul sentiero S14b verso sud ovest. Parlare di punti cardinali e di orientamento con questa visibilità è facile solo il giorno dopo, in poltrona e con la cartina in mano.

Per fortuna c’è la tecnologia, siamo in tanti, su sentieri evidenti e con molti punti di riferimento. Su terreno diverso, a quote superiori e senza riferimenti, nelle condizioni di oggi la soluzione migliore sarebbe quella di starsene a casa. Adesso è meglio bagnarsi un po’, ma avere le mani libere e rinunciare agli ombrelli. In breve torniamo nel bosco di faggi, sul sentiero S14 al bivio per Monte Vecchio, Cursolo e Orasso, a sinistra.

Noi teniamo la destra e torniamo a Pluni per asciugarci e pranzare nella baita – rifugio (mezz’ora). Nella baita vicina il nonno della giovanissima che ci ha guidati ci prepara un buon caffè. Lungo il sentiero del mattino torniamo a Finero (un’ora e un quarto), accompagnati da sprazzi di sole. A casa della seconda badante vigezzina diplomata, anch’essa entrata l’anno scorso nel gruppo ed ora altro pilastro insostituibile, chiudiamo in bellezza la giornata.

Gianpaolo Fabbri

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