COSASCA- Un anziano ex alpinista acciaccato ci propone una bellissima gita, di quelle tranquille che lui affronta solitamente con gente più “tranquilla” dei Murmata per dilapidare del tutto le già scarse energie rimastegli. La montagna di Cosa e Cosasca racconta la bella storia di queste contrade ed offre panorami bellissimi. Per il nostro gruppo è stata una piacevolissima novità.
GITA N. 148 O 24
LA MONTAGNA DI COSA E COSASCA
APRILE 2024
Dislivello: 700 m. Tempo totale: 3 h 10’. Sviluppo: 6 km.
In orario più clemente del solito ci troviamo al Carrefour di Domodossola per il caffè. Lo staff delle badanti oggi è al completo e garantisce la salute fisica e psicologica del gruppo insieme ad un medico di servizio al rientro dopo un'assenza prolungata. Rientra nei ranghi anche il Presidente, che ci porta la sua parola di saggezza, insieme ad un maestro di sci alpinismo, di quelli non taroccati, che ha la sventura di essere parente della guida odierna, decano del gruppo.
Questa squadra di valore si occupa di due anziani e di un giovane runner in convalescenza. In undici, quindi, distribuiti su quattro auto per motivi logistici, raggiungiamo abbastanza facilmente i parcheggi della scuola e della chiesa di Cosa, 250. E già qui la prima lezione di storia e geografia: molti chiamano erroneamente Cosasca questa frazione di Trontano “al piano”, mentre l'antico paese di Cosasca si trova “al monte”, trecento metri più in alto, ed è la prima meta di oggi.
A sinistra del campanile di Cosa inizia il sentiero che supera su un ponte di ferro il Rio Robana, oggi ricco di acqua. Sopra di noi, alla nostra destra, forma una bella cascata. Il primo tratto è ripido, con gradini scavati nella roccia, e favorisce il risveglio muscolare. Dopo una cappelletta il pendio si addolcisce e camminiamo nel verde, fortunatamente ancora in ombra, perché la bella giornata lascia prevedere, più tardi, temperature più che primaverili. A quota 485 raggiungiamo Ca' Burtulina.
I panorami sull'Ossola sono sempre più spettacolari con tanta neve sopra i 1600 metri. Siamo sull' “Itinerario da Cosa a Cosasca tra luoghi di culto e insediamenti antichi”, come recitano i cartelli indicatori. Dopo tre quarti d'ora di cammino effettivo siamo a Cosasca, 550. Giriamo ammirati per l'antico borgo, in ordine, pulito, dove c'è vita. Proseguiamo verso nord fino al Santuario della Madonna delle Grucce, ristrutturato in stile “moderno”, e riprendiamo a salire su terreno più aperto fino all'Alpe Prà Lavarda, 775 (tre quarti d'ora). Ci domina a oriente la splendida dorsale sulla quale si trovano l'Alpe Drisioni e l'Alpe di Nava, quasi mille metri più in alto.
Ci godiamo lo stupendo panorama verso l’Ossola da questo bellissimo pianoro con una grande baita in ottimo stato. E’ presto e decidiamo di fidarci coraggiosamente dell’anziana guida acciaccata che vuole salire ancora per vedere dove ci porta la traccia alla sinistra della baita. La seguiamo su terreno sporco e, in un breve tratto, molto ripido fino all’Alpe La Colla, 906. Incontriamo dei cartelli azzurri “artigianali” che indicano “Curt Drigioni – EE” verso sinistra e “Ramella – Nava” verso destra. Ci diranno però degli amici, che incontreremo più tardi, che la nostra decisione di dare ascolto allo stomaco e di tornare a Prà Lavarda per il pranzo sullo splendido tavolo panoramico è stata saggia (meno di tre quarti d’ora per andata e ritorno a La Colla).
Riprendiamo senza fretta la discesa seguendo l’indicazione per l’Alpe La Selva, dove incontro vecchie conoscenze, e Cosasca, dove chiudiamo il primo anello (mezz’ora). Lungo una bella mulattiera e sentiero scendiamo alla Chiesa di San Lorenzo al Pozzo, 397, dove ci concediamo un’altra lunga pausa. La strada, a tratti asfaltata, e il sentiero ben raccordato con questa ci riportano al piano. Viriamo a nord (destra) e torniamo alle auto in orario virtuoso rispetto ai nostri standard (mezz’ora da Cosasca). Chiudiamo così il secondo anello. A casa troveranno subito qualcosa da fare per nonne e nonni oggi in libera uscita.
Gianpaolo Fabbri