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PIEMONTE- 24-03-2024-- Approfittiamo, purtroppo in pochi, della disponibilità di un amico e della sua grande conoscenza della nostra storia per percorrere con lui la mulattiera più imponente della Linea Cadorna, che è forse anche la meno conosciuta. Di fronte a quella fra la Punta di Migiandone e il Forte di Bara, nel punto più stretto della Val d’Ossola, questa ciclopica mulattiera sale per oltre quattrocento metri in quel di Bettola, poco a sud di Cuzzago.

GITA N. 146 O 24 – LINEA CADORNA DI BETTOLA

MARZO 2024

Dislivello: 450 m. Tempo: 2 h 45’.  

Il fascino della neve, anche se troppa e tardiva, e gli impegni familiari riducono considerevolmente il numero di partecipanti a questa breve ma seria escursione a basse quote. La giornata è bella, il sole un po’ velato. Con la nostra guida walser, noto storico e scrittore, collaborano oggi solo due signore badanti per curarsi di tre anziani. Parcheggiamo a Bettola, 213, circa un chilometro a nord dell’uscita di Mergozzo della vergognosa statale 33 del Sempione. Diretti verso Mergozzo, attraversiamo la provinciale e, prima del sottopasso ferroviario, imbocchiamo un sentiero sulla sinistra, inizialmente in piano e poi in leggera salita quando entra nel bosco, fino ad un lavatoio. Di qui inizia la ciclopica mulattiera della Linea Cadorna di Bettola.

Questa Linea, che prese il nome dal Generale verbanese Luigi Cadorna, capo di stato maggiore dell’esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale, costituì una imponente linea fortificata estesa dalle valli ossolane fino ai passi orobici. Fu progettata e costruita fra il 1899 e il 1918, a protezione della Pianura Padana dalle invasioni da nord. Ne fanno parte molte strade, mulattiere, sentieri, trincee, postazioni d'artiglieria, osservatori, ospedali da campo, centri di comando e strutture logistiche, il tutto realizzato dai duecento fino a oltre i duemila metri. Si parla di un impiego di quarantamila uomini con il supporto anche di donne.

Nella parte bassa la mulattiera è in pessimo stato di conservazione, spesso franata, aggredita dalla vegetazione. Incontriamo trincee, postazioni, piccole gallerie laterali. Man mano che ci si alza lo stato di conservazione di questa mastodontica costruzione migliora. Di fronte a noi le fortificazioni fra la Punta di Migiandone e il Forte di Bara. Questo è il punto più stretto della valle del Toce, circa settecento metri.

Si cominciano ad apprezzare bei panorami sull’Ossola e cascatelle di un rio che solitamente dovrebbe essere quasi asciutto. Ce lo conferma una catena che aiuterebbe ad attraversarne la valletta e che non utilizziamo per evitare una doccia fresca. Una deviazione sulla destra, sopra la mulattiera, e una scalata di primo grado superiore di un muro di due metri ci riportano oltre il rio. Il passo è molto tranquillo, si scattano foto, c’è tanto da vedere e tanto da imparare dalla nostra guida. E poi occorre attenzione perché si cammina sui bordi esterni della mulattiera che sono abbastanza liberi dalla vegetazione.

Nel tratto intermedio c’è solo un sentiero esposto, con catene nei due punti più “scomodi”, per poi tornare ai colossali muri di sasso che reggono il percorso con i suoi ottantuno tornanti. Infatti un pensionato, con il supporto indispensabile della badante titolare, riuscirà a contarli durante la discesa. Questo conferma che INPS non spreca il suo denaro. Dopo un’ora e mezza raggiungiamo un piccolo pianoro a quota 660 che si affaccia sulla nostra Ossola in corrispondenza di un grosso ometto di pietra rotondo. Il sentiero proseguirebbe, ma chi è già stato qui lo sconsiglia.

La pausa è breve perché il programma della giornata è intenso. E poi su questo terreno l’attenzione in discesa deve raddoppiare. Abbiamo comunque il tempo di chiederci come sarebbe stato gestito in un altro paese, per esempio la Svizzera, un simile capolavoro di architettura bellica su terreno estremo. L’avrebbero lasciato andare in rovina senza neppure considerare il richiamo che avrebbe potuto esercitare una volta recuperato e valorizzato? La discesa dura un’ora e un quarto.

A Ornavasso, dopo aver ammirato in pieno centro una splendida, colossale sequoia, la nostra guida d’eccezione ci permette di visitare la Sezione Archeologica del Museo del Paesaggio di Verbania, ma questa è un’altra bellissima storia. All’Osteria ex Albergo Italia il pranzo è ottimo.

Gianpaolo Fabbri

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