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necrologi

primavera

E’ arrivato il periodo dell’anno in cui,

qualunque situazione problematica tu rappresenti, la risposta

che viene dall’interlocutore di turno è sempre la stessa: “sarà la primavera”.

“Non riesco a prender sonno” - “sarà la primavera”

“ho voglia di salame al cioccolato” - “sarà la primavera”

“ho ricevuto un pignoramento da Equitalia” - “sarà la primavera”

“ho visto una intera puntata di Buona domenica” - “chiamo il 118 e comunque secondo me c’entra il fatto che è primavera, in qualche modo”

Nell’immaginario collettivo, insomma, qualsiasi disturbo è riconducibile alla stagione primaverile. In particolare si ritiene che l’amore (quale malattia invalidante peggiore di questo potete

immaginare?) sia eziologicamente collegato a questo periodo dell’anno. Si discuteva con un’amica, l’altra sera, sull’esistenza di una definizione unica per questa malatt…sentimento, e, no, la conclusione è che è un concetto talmente alto ed astratto che una univoca rappresentazione non possa ricomprendere tutte le sfumature ed i significati che racchiude.

Esiste però un’immagine che, secondo me, mostra il vero senso dell’amore, o quantomeno i suoi effetti psicotropi più immediati.

Sto parlando di un quadro: “La passeggiata” di Marc Chagall. Ora, da bravi, copiate ed incollate quanto sopra nel motore di ricerca google, categoria immagini.

Fatto?

Fatto!

passeggiata quadro chagal

In primo piano due figure, una maschile ed una femminile. Intorno una certa quantità di simboli che svelano verità semplici ma sorprendenti (qualità che di solito la verità ha sempre).

La figura maschile colpisce per la sua espressione; quella che mi piace definire da “cretino contento”. Guardatelo: è ubriaco di vino (vedete la bottiglia a metà lì a fianco, sulla tovaglia rossa

del picnic, insieme ad un unico bicchiere) e di passione. Sembra che nulla possa turbare quella che è un’ebrezza alcolica unita ad un’estasi magnifica. La passione che lo pervade (il simbolo più immediato nel quadro è il cavallo, piccolissimo, sullo sfondo) è unita alla libertà che l’uomo tiene nella mano destra e viene rappresentata da un uccello.

La mano lo trattiene senza stringerlo; l’amore è libertà tenuta - non trattenuta - tra le mani. L’amore libera. L’amore non è mai costrizione. Questo è il senso.

Se non c’è libertà, se ciascuno dei due soggetti che stanno in una relazione non si sente libero nell’unità, allora non possiamo chiamare questo rapporto un rapporto d’amore; casomai un

rapporto di forza. L’uomo - e non la donna - tiene in mano la sua libertà; questo è fondamentale. Se potessimo guardare nella mano destra della donna volante, sono sicura troveremmo anche lì

un uccellino. La donna vola senza bisogno di ali. Non è un angelo, una santa o una creatura divina; e’ una donna normale vestita con uno sgargiante vestito fucsia, elegante come è elegante lui.

Anche l’uomo vola. I suoi piedi non sono a terra ma leggermente sollevati. Una visione superficiale potrebbe far apparire lui intento a trattenere lei che, senza la sua stretta,

prenderebbe il volo come un palloncino nel vento. In realtà lei si è solo alzata un attimo prima in volo e gli da la mano mentre anche lui, con una

felicità ebete, si sta sollevando con lei. Lui le tiene la mano perché l’estasi li ha colti così; mano nella mano. Io sono sicura che non possa esserci alcun calcolo nel nascere di un amore. Ci si riconosce. Non

ci sono tempi da aspettare o step da superare. Spesso ci si innamora ancora prima di essersi visti. Si percepisce una storia comune ancor prima di iniziarla. L’amore nasce così: simultaneamente.

I due non saranno trascinati dal turbine peccaminoso di Paolo e Francesca. Io credo che nella sequenza successiva i due galleggerebbero nell’aria per poi lanciarsi in volo dandosi essi stessi

una direzione. Spinti si dalla passione ma con nelle mani, appunto, la libertà di scegliere un viaggio comune.

Ultimo particolare: le case intorno a loro. Sembra siano state innalzate da una specie di tornado e poi rigettate confusamente a terra. L’amore tra questi due “ebeti” solleva dalla precarietà, da

questa confusione terrena. L’amore diventa una cura, un balsamo contro i mali del mondo. L’unico edificio chiaro, quasi trasparente, è una chiesa. Ogni amore ha in sé in effetti una divina

assolutezza. Se è amore ha dentro per forza un tratto di divino, di potere soprannaturale. L’amore trasforma, ci rende davvero migliori dentro e fuori. Ci fa sentire a contatto con tutto il creato, dona

la capacità di vedere con più chiarezza ogni cosa. Certo, all’inizio, sembra offuscare ma, in realtà, offusca solo la nostra parte peggiore; quella che calcola, che pianifica, che tiene con i piedi

ancorati al suolo come le radici di un albero. Mi sono dilungata parecchio (sarà la primavera) ma spero davvero che stiate ancora leggendo.

Anche sul water, va bene.

Aggiungo solo un particolare; i personaggi del quadro sono Marc Chagall e sua moglie Bella Rosenfeld.

Così diceva Marc del suo primo incontro con Bella:

“E' come se mi conoscesse da sempre, come se sapesse tutto della mia infanzia, del mio presente, del mio avvenire; come se vegliasse su di me, mi capisse perfettamente, sebbene la veda per la prima volta. Sentii che era la mia donna.” Riconoscersi, appunto.

Tutta la sua opera ne rimarrà influenzata; ogni sua pennellata sarà frutto del suo amore per lei. Approfondite la storia di questo amore; fatelo per voi stessi, mica perché è primavera.

Vi auguro un sacco di amore vero e chiudo segnalandovi una mostra delle opere di Chagall: dal 21 marzo al 20 maggio alla galleria Salamon di Torino.

Siateci!

 

Tatiana Giovannetti - 3 aprile 2017