Una via d’uscita in cui si era sperato per venire fuori dalla crisi economica e poter arrivare alla creazione di nuovi posti di lavoro, era quella legata al settore giovanile impiegato in agricoltura. Sia la Comunità Europea, sia le Regioni italiane si erano impegnate affinché il PSR avvicinasse i giovani alla terra e li convincesse a diventare imprenditori agricoli. L’analisi che tenterò di fare elaborando i dati nazionali del piano di sviluppo rurale fornito dalle singole regioni, mette in luce dei chiaroscuri su cui riflettere. Innanzitutto un paradosso: Se da un lato sono state stanziate importanti risorse sia nazionali, sia comunitarie per accompagnare i giovani a un ingresso agevolato come imprenditori agricoli, dall’altro si è fatto di tutto per spegnere il loro sogno. Infatti, sono ben ventitremila le domande provenienti dal settore giovanile di tutte le regioni italiane, che sono state respinte o rimandate. E con esse il sogno di altrettanti giovani che avevano in mente un progetto d’insediamento nelle campagne o sulle rive terrazzate delle vallate alpine. Non può certo confortarci il dato secondo cui la maggior parte delle domande rifiutate riguarda l’Italia meridionale perché anche da noi, come vedremo, il bilancio non è idilliaco. Se il rigetto della domanda sia una sconfitta per le speranze dei giovani imprenditori agricoli e, non piuttosto per i territori d’appartenenza soltanto il tempo potrà confermarlo. Intanto però sono state dissipate opportunità strategiche, finanziate con fondi europei, che avrebbe dovuto favorire il rilancio del settore agricolo. Un rilancio fondamentale per la ripresa economica, la pianificazione territoriale e l’abbassamento della disoccupazione giovanile. Sono stati ben trentacinquemila i giovani imprenditori del belpaese che hanno presentato la domanda per insediarsi in agricoltura. Due richieste su tre sono però state respinte. I motivi? Innanzitutto la scarsa coerenza con il bando (il 6.1.1 del PSR), che prevedeva, lo ricordiamo, di creare opportunità economiche per il mantenimento della popolazione giovanile nei territori rurali e nelle aree caratterizzate da processi di desertificazione sociale. Le domande avrebbero dovuto favorire l’inserimento di professionalità nuove con approcci imprenditoriali innovativi nelle aree maggiormente degradate sia sotto il profilo economico sia sotto quello sociale. Molti sono stati anche i rifiuti per il mancato raggiungimento del punteggio minimo di graduatoria, mentre molti giovani hanno ritirato la richiesta per non essere riusciti a organizzare l’attività imprenditoriale sul territorio d’appartenenza. La cosa che maggiormente ci rattrista è però il rischio concreto di dover restituire a Bruxelles una parte dei fondi messi a disposizione per il nostro paese. I dati, aggiornati al primo gennaio 2019, ci parlano, infatti, di un utilizzo delle risorse comunitarie pari soltanto al 30 % di quelle messe a disposizione. C’è ancora del tempo per lavorare ma il ritardo accumulato non lascia ben sperare. Basti pensare come anche la Corte dei Conti abbia denunciato l’incapacità del nostro sistema amministrativo e imprenditoriale di non saper utilizzare i fondi europei per il sostegno al ricambio generazionale in agricoltura. Il risvolto della medaglia, o se vogliamo il suo lato positivo, è che l’Italia con le sue cinquantaseimila imprese agricole giovanili è al vertice in Europa per l’impiego dei giovani under trentacinque in agricoltura. Una presenza questa che lascia ben sperare affinché l’agricoltura torni a essere il settore strategico per la ripresa economica nazionale. Inoltre il lavoro nei campi deve essere il volano di traino per quel sospirato cambiamento epocale che porti sulle nostre tavole i prodotti agricoli italiani. Diamo ora uno sguardo ai dati regionali piemontesi e soprattutto a quelli della Provincia del VCO. In tutto il Piemonte, le domande di adesione al PSR Giovani sono state 1840. Di queste, 933 sono andate a buon fine. La nostra regione, grazie ai fondi europei destinati all’agricoltura, avrà nei prossimi anni quasi mille nuove imprese agricole sul territorio. Ottantasei sono state invece le rinunce. Cioè i giovani che hanno ritirato la domanda per non essere stati in grado di improntare la nuova azienda. Sono state invece 821 le domande respinte per svariate irregolarità o per scarsa attinenza al bando o per non aver ottenuto il punteggio minimo previsto. Come si sono distribuite le nuove imprese sul territorio regionale? La parte del leone la fa la provincia “granda” di Cuneo con ben 452 domande accettate. Seguono Asti con 164 e Torino con 151. La provincia di Alessandria si assesta al quarto posto con settantatré domande di giovani imprenditori agricoli accettate cui segue Novara con trentaquattro, Biella con diciotto e Vercelli con sedici. E il Verbano Cusio Ossola? I dati della nostra provincia ci parlano di trentacinque domande presentate di cui venticinque ammesse a pagamento e dieci scartate per difformità. Le dieci domande rifiutate erano gravate da svariate irregolarità ma soprattutto non presentavano serietà nella proposta dei progetti agricoli presentati. E’ chiaro che i dati forniti vanno analizzati tenendo in considerazione la morfologia delle singole zone. Le nuove aziende agricole del vercellese per esempio, potranno vantare territori che mettono a disposizione degli imprenditori decine, a volte centinaia di ettari ciascuna. Al contrario, quelle del VCO sorgeranno su territori alpini ristretti, alcuni dei quali inferiori all’ettaro. In particolare in Ossola, dopo che negli anni ottanta lo scalo ferroviario internazionale di Domo Due ha sottratto novanta ettari di superficie agricola al territorio, prioritario per lo sviluppo agricolo futuro e per la produzione di prodotti “nostrani” è impostare un ragionamento amministrativo che porti alla bonifica di molti di quei terreni un tempo coltivabili e oggi purtroppo inselvatichiti. Soprattutto quelli presenti sulle rive terrazzate dei versanti alpini delle nostre Valli, che sono abbandonate e in procinto di crollare. Solo con un sistema finalizzato al recupero di tali aree si potrà aprire orizzonti nuovi per le politiche agricole locali e per la produzione dei prodotti agricoli nostrani di cui oggi si stenta a sostenere la richiesta di mercato. Come sempre il futuro è nelle mani dei giovani. Almeno di chi ha deciso di investire il proprio avvenire nelle campagne dell’Ossola. Abbiamo un patrimonio culturale legato ai prodotti agricoli da difendere e riprendere. Una ricchezza di derrate che vanno dai vini ai formaggi, dalle patate al miele, dallo zafferano al mais che dobbiamo tutelare, riaffermare e implementare. Ai posteri l’ardua sentenza …
Pier Franco Midali – 1 marzo 2019