Pochi giorni ancora
e dovrebbe iniziare la primavera, stagione che quest’anno sembra non voler sbocciare mai vista la coda di questo lungo inverno. Doverose mi sembrano alcune considerazioni in merito a quanto deliberato, a favore del mondo agreste e montano, dal crepuscolo della XVII legislatura.
Mentre un po’ ovunque, Ossola compresa, si ultimavano i lavori di potatura nei vigneti siti sui pendii terrazzati dei nostri comuni, il settore amministrativo definiva le norme operative per ottenere il rilascio dell’autorizzazione per impiantare nuovi vigneti o reimpiantare quelli che ormai hanno ultimato il loro ciclo produttivo. Il 13 marzo è stata, infatti, pubblicata la circolare che invita i viticoltori a trasmettere le richieste per l’iscrizione dei vigneti all’apposito registro nazionale. Entro trenta giorni le domande dovranno pervenire agli appositi uffici dei sindacati di categoria, pena la mancata concessione del diritto d’impianto. Sono ovviamente esclusi dall’obbligo d’iscrizione, tutte le superfici vitate i cui prodotti esaudiscono bisogni familiari o quelli destinati alla scuola, alla sperimentazione e alla ricerca. Positivo il fatto che i criteri di scelta per l’assegnazione dei nuovi impianti assegni la priorità ai vigneti collocati in zone montane sopra i 500 metri d’altitudine, sui pendii terrazzati o sulle superfici in grado di preservare il territorio dall’erosione e dall’abbandono o in quelle zone ove maggiormente sentito è il bisogno di uscire dalla marginalità economica. Le numerose richieste di acquisto di nuove barbatelle, pervenute anche quest’anno alla segreteria dell’Associazione dei Produttori Agricoli Ossolani, lasciano presagire una sempre maggior attenzione al territorio e allo sviluppo della viticoltura locale.
Intanto mentre sempre più difficile è trovare le risorse per gestire il patrimonio del bosco ossolano, è stato approvato il nuovo testo unico forestale che dovrebbe consentire una gestione attiva ed economicamente vantaggiosa del patrimonio boschivo nazionale. L’Ossola, non ha mai visto estendere la superficie dei propri boschi come negli ultimi decenni. Il bosco si sa, in Ossola, è così invadente che a volte sembra soffocare i nostri piccoli paesi. A maggior ragione oggi dopo che l’illusione dell’industrializzazione ha favorito l’abbandono di ampie superfici destinate al pascolo o ai coltivi. “Il legname - asseriva lo storico ossolano Renzo Mortarotti - data l’estensione della superficie boschiva, è il solo prodotto vegetale che sopravanza i bisogni dell’Ossola e può essere esportato”. In alcuni paesi addirittura il bosco potrebbe rappresentare la vera ricchezza dei suoi abitanti. Purtroppo però, non siamo in grado di tradurre in ricchezza il prodotto che maggiormente caratterizza il nostro territorio. Ora ci prova una legge, un nuovo ordinamento che promette addirittura l’assunzione di oltre trentacinquemila giovani da impiegare nella gestione del patrimonio boschivo nazionale. Un’analisi eseguita dalla Coldiretti asserisce che il Belpaese vanta una superficie boscosa di quasi undici milioni di ettari, estensione che è raddoppiata rispetto al periodo dell’unità d’Italia quando la superficie del bosco era di appena 5.6 milioni di ettari. Purtroppo però, parallelamente all’estendersi dei boschi è cresciuta anche la mancanza di controllo di tali superfici e l’incapacità di trarre ricchezza da un simile patrimonio. Dopo la pubblicazione in gazzetta della nuova legge, si spera sia riconosciuta l’importanza ambientale ed economica del bosco e sia assegnata la gestione di questo patrimonio a enti che siano in grado di adottare gli strumenti adeguati per regolare, gestire e sfruttare adeguatamente una ricchezza di cui disponiamo. Se consideriamo che oggi, importiamo dagli altri paesi europei oltre l’ottanta per cento del legname da opera o da ardere di cui necessitiamo, abbiamo l’idea di quanto incapaci siamo di trarre ricchezza dal nostro patrimonio boschivo. L’augurio è quello che la nuova legislazione sia in grado di invertire questa tendenza e favorire l’utilizzo del legname prodotto in Italia. In Ossola, nell’ultimo ventennio, un agricoltore su due ha abbandonato il territorio e le relative attività agricole, lasciando spazio alla crescita incontrollata del bosco. Oggi abbiamo superfici boscose da gestire che potrebbero fornire ricchezza e posti di lavoro. Per consentire tutto ciò occorre migliorare le vie di comunicazioni agro-silvo-pastorali e la possibilità di accesso ai terreni in cui il legname “maturo” rappresenta una ricchezza abbandonata a se stessa. Il giornale L’Ossola nel gennaio 1919 così scriveva: “Abbiamo visto, e vediamo ancora, correre verso i paesi della montagna un mondo di compratori di legna, tutti in affannosa ricerca di legname da opera o da ardere, e la domanda è stata intensa, enorme, invadente in ogni valle, in ogni comune, dappertutto”. Se non fosse per la successiva distruzione dei boschi ossolani causata dalla mancata regolamentazione del disboscamento, ci augureremmo di rivedere quel mondo di compratori di legna in grado di conferire ricchezza alle esigue casse dei nostri comuni. Oggi invece che saremmo in grado di gestire intelligentemente l’opera di disboscamento mancano le premesse per sfruttare la risorsa “legno” di cui in abbondanza disponiamo. Solo il tempo ci dirà se la nuova legislazione sarà in grado di rilanciare l’attività della filiera forestale ossolana e consentire ai nostri comuni di gestire gli enormi vantaggi sociali, paesaggistici e produttivi che ne potrebbero derivare.
Pier Franco Midali