La mutilazione genitale femminile è una pratica molto diffusa in Africa ed Asia, tanto che l’ONU con la risoluzione A/Res/67/146 del 20 dicembre 2012 l’ha bandita a livello mondiale ritenendola una violenza sulla donna ed espressione di una struttura di potere oppressiva e discriminatoria. La mutilazione genitale femminile più praticata è l’infibulazione.
Ma vi è anche la mutilazione genitale maschile, diffusa in tutto il mondo più di quella femminile. La più praticata è la circoncisione (dall'ebraismo, dall'islamismo, da numerose tribù africane, dagli aborigeni australiani e polinesiani, dagli Stati Uniti d'America).
Forse perché le mutilazioni genitali maschili, dal punto di vista medico, sono considerate meno gravi di quelle femminili, dal punto di vista culturale sono più accettate, ma implicano ugualmente una menomazione permanente.
Non è prevista alcuna punizione specifica per la mutilazione genitale maschile, se non le ipotesi di eventuali reati già previsti dal nostro codice penale.
Per quella femminile, la Legge 7/2006 mira a prevenire e a punire qualunque pratica di mutilazione genitale. L’art. 583-bis del codice penale punisce da 4 a 12 anni di carcere chiunque pratichi le mutilazioni genitali femminili; se l’intervento viene fatto da un medico, l’art. 583-ter prevede che venga interdetto dalla professione da 3 a 10 anni.
Carlo Crapanzano