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gita canogia fabbri trotapian 

VCO- NOVARA-03-05-2020-- Premessa. Facendo ordine in casa,

in questi tempi di quarantena, ho trovato dei vecchi racconti di gite di quasi vent'anni fa. Compagnia diversa, modo di scrivere diverso, ma soprattutto età diversa. Le avevo scritte per il notiziario sezionale della SEO CAI, su richiesta del grande Antonio Lista. Spero vi piacciano comunque. Per me sono ricordi di camminate stupende con persone stupende.

CIMA  DI  CANOGIA (2356m)

2 NOVEMBRE 2001

Dislivello: 1500 m. Tempo totale: 8 h

Venerdì 2 novembre 2001: dopo quella di ieri, che è stata in assoluto la più bella giornata dell’anno, anche oggi splende il sole. L’aria è meno limpida, ma averne di giornate così! Mi son preso un giorno di ferie da dedicare solo a me stesso, quindi alla montagna e, stranamente, nessuno a casa e in ufficio ha contestato. Anche gli amici di sempre, grazie alla generosità del presidente dell’INPS, oggi sono liberi. Mi aggrego a loro, perché il programma prevede una gita per me nuova e che loro definiscono “defaticante”, da non confondere con “defatigante” (vedi Zingarelli). E io mi fido. C’è Enzo, anche lui poco pratico di questa zona, che più che camminare corre, non è mai stanco, ma, per fortuna, ci aspetta. Giuseppe, invece, lo “yankee”, pur pieno di acciacchi e “scarsamente” allenato, non aspetta mai, deve andare avanti a “studiare il percorso”, come gli hanno insegnato in occasione dell’ultimo corso da accompagnatore professionista. Egidio, alle prese con il mal di schiena, e Sergio, sempre inossidabile, hanno un’andatura più umana, che mi consente, sia pure arrancando in coda al gruppo, di tenere il passo e non perdermi. Alle 7 imbocchiamo da Altoggio la strada della valle Isorno, consentita solo per un tratto. E qui si disquisisce già, tutti d’accordo, persino lo yankee, sull’ingiustizia di costruire le strade montane anche con i soldi dei contribuenti e poi proibirle: sarebbe più logico, pagando un eventuale pedaggio, aprirle a tutti. Partenza da “Il Prato”, in prossimità della centrale di Cippata, alle 7.40: si scende al ponte sull’Isorno e di qui, a quota 950, inizia la defaticante salita. Il sentiero molto ben tracciato percorre un bellissimo bosco di faggi e ci porta in un’ora abbondante all’alpe Carvirone, a circa 1500 m. Durante la salita qualche porcino ci sorride dai bordi del sentiero e Giuseppe, da vero capo spirituale del gruppo, finge di non vederli per lasciare agli altri il piacere di trovarli. E’ proprio vero quello  che ogni tanto gli scappa detto di se stesso: “povero Giuseppino, così bello (questione di gusti) e così bravo!”. Breve sosta panoramica a Carvirone: scorci veramente stupendi, si fa più in fretta ad elencare le cime che non si vedono. E più si sale meglio sarà, salvo avere la vista annebbiata dalla fatica del tour “defaticante”. Ma procediamo con ordine. Dopo un’altra mezz’oretta di sentiero evidente e tranquillo eccoci all'Alpe Bovarenchio, quota 1620, che domina la splendida conca dell’alpe Salè. A questo punto, visto che siamo in forma, che la giornata è splendida, che Giuseppino è di buon umore e che la gita è fin troppo “defaticante”, decidiamo di non seguire la via normale, che passa dall’alpe Forgnone, ma di tentare una prima “autunnale” essendo, e qui non scherzo, in buone mani. Anziché a destra si piega a sinistra, alla ricerca del sentiero in un meraviglioso bosco di larici. Trovato il sentiero, ben tracciato ed evidente, si prosegue con dolce pendenza sull’alta sinistra orografica della valle dell’Isorno, diretti all’alpe Canogia. Ad un certo punto il sentiero prosegue, ma solo sulla cartina: l’alpe la si vede, è lì che ci aspetta, ma una vegetazione impraticabile ispira le prime lodi a martiri e santi. Ci appelliamo anche a Santa Luigina da Gorta, la più santa di tutte, ma neanche Lei riesce ad aiutarci. Si ritrova un sentiero, che però scende: ci abbassiamo di circa 100 m, tanto il dislivello della gita è insignificante, ed attraversiamo il riale quasi asciutto. Qui prendono l’iniziativa i cacciatori Enzo e Giuseppe, che del sentiero non hanno proprio  bisogno e puntano diretti all’alpe, in linea di massima pendenza, su un terreno sporco e, per gli umani, quasi impraticabile. Inneggiando all’arte venatoria che permette loro non tanto di conquistare qualche trofeo quanto di percorrere abitualmente e senza fatica territori così selvaggi, ci conducono, dopo un’ora di autentica lotta per alzarci di circa 250 metri, all’alpe Canogia, a quota 1912. Riprendiamo fiato, almeno noi umani, ringraziando in modo oltremodo garbato i nostri due aguzzini. L’intermezzo ci ha fatto perdere circa un’ora. Su tracce di sentiero, ma con percorso ormai evidente, molto ripido nell’ultimo tratto, raggiungiamo prima un bel laghetto e poi la cima di Canogia, 2356 m, alle 12.20. Il momento più bello della giornata è, come sempre, la silenziosa stretta di mano (a parte qualche insulto a Giuseppino) che ci  scambiamo. Sul concetto di gita defaticante gli amici mi dovranno poi una spiegazione. Enzo ha fame, sta per addentare un braccio al più vicino, ma il famoso “numa” di Sergio ci convince a scendere verso il Passo di Larecchio, 2040, prima di consumare il meritato pasto. Il rientro è via lago di Larecchio, valle Agrasino (non ancora devastata dalla strada), Alpe Agarina, su sentieri evidenti e ben segnati, ma lo sviluppo è ancora più lungo di quello del percorso di salita. Sotto Agarina un’anima pia mi da’ un passaggio, risparmiandomi gli ultimi 3 km circa di strada vera e propria e consentendomi di recuperare con la mia auto gli amici, che comunque non sono mai stanchi. E’ ormai buio e, per evitare rientri a casa traumatici, rinviamo la bevuta a casa di Giuseppe ad altra data. La gita si  svolge in un ambiente stupendo, con panorami incredibili, dal Bernina al Rosa,  dal Mischabel all’Oberland. Si consiglia un buon allenamento, un’auto in Agarina per accorciare il ritorno ed una compagnia di gente forte, allegra ed amica. Se, poi, non si parla di politica, il cocktail è perfetto.  

Gianpaolo Fabbri

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